È un sabato sera con amici; sei casual ed elegante perché la serata lo permette. Ti senti in gran forma, bevi, mangi, ridi, scherzi..fin quando ti sbilanci un po’ troppo dalla sedia su cui ti stai dondolando in quel locale alla moda e così pieno di gente.. perdi l’ equilibrio e in un attimo ti ritrovi a terra con gli occhi dei tuoi amici e di tutto il locale puntati addosso e il brusio di qualche risatina.
Possiamo immaginare di trovarci in una simile situazione e percepire una pervadente sensazione di imbarazzo accompagnata dal desiderio di diventare invisibile.. “Come ho fatto ad essere così scemo? Cosa penseranno ora gli altri (di negativo) su di me? Come ne esco da questo imbarazzo?”, sono le possibili domande che prenderebbero forma in noi in tale situazione, in maniera consapevole o meno.
L’imbarazzo è un’esperienza comune e, come vedremo, anche molto positiva a livello sociale, ma può presentarsi come più o meno faticosa da gestire in base ai differenti tratti di personalità che ci caratterizzano.
L’imbarazzo è un senso di lieve inadeguatezza in situazioni sociali specifiche e si presenta con complesse manifestazioni non verbali che rendono visibile all’esterno l’emozione.
Nell’immediato si reagisce abbassando lo sguardo e continuando con involontari movimenti oculari verso sinistra, segno di attivazione dell’emisfero cerebrale destro particolarmente coinvolto nelle emozioni negative. Gesti tipici e automatici possono essersi, anche, il toccarsi il viso o il fare un sorriso accennato, sorriso che possiede connotazioni differenti da quello che esprime felicità. “Arrossire” è la reazione che viene maggiormente associata a livello sociale all’imbarazzarsi per la sua frequenza e perché estremamente visibile. È caratterizzata dal cambiamento di colore e dall’aumento di temperatura sul viso. Il rossore, che indica l’aumento di afflusso di sangue, compare prima del cambiamento di temperatura. Probabilmente gli altri, quindi, ci vedono avvampare molto prima di quando possiamo accorgercene noi.
A scatenare l’imbarazzo non è quasi mai un evento discriminante in termini oggettivi, è più che altro il prodotto di una valutazione personale cognitiva. Le emozioni di imbarazzo, dunque, sorgono dalla valutazione inconscia di quel significato che diamo e pensiamo diano gli altri ad un evento.
Si può ipotizzare che l’imbarazzo nasca dalla percezione di pensieri negativi degli altri su di sé. Ma ciò non è del tutto vero, o meglio esaustivo, perché proviamo imbarazzo anche in situazioni in cui rappresentiamo un elemento socialmente positivo.
È possibile, ad esempio, quando veniamo inondati di complimenti di sentirci imbarazzati e ricambiare o ringraziare eccessivamente. Si provano diversi tipi di imbarazzo a seconda della situazione in cui si presenta. Possiamo provare: imbarazzo “da passo falso” (situazione esempio: cadere per strada), imbarazzo “da centro dell’attenzione” (situazione esempio: la nostra festa a sorpresa) e imbarazzo da “difficoltà della situazione” (situazione esempio: comunicare ad un amico che è stato bocciato). Inoltre, a diversi tratti della personalità corrispondono diversi tipi di possibilità di provare imbarazzo.
Persone con bassa autostima fanno maggiormente esperienza di imbarazzo da possibile passo falso, mentre soggetti più estroversi sperimentano in minor misura l’imbarazzo da difficoltà della situazione.
Secondo John Sabini l’imbarazzo si manifesta in tutte le situazioni in cui viene interrotta la norma e la regolarità delle interazioni sociali, ovvero quando non è possibile sapere a priori come aderire a comportamenti socialmente utili. È un sentimento simile al timore dell’imprevedibilità della reazione altrui al proprio comportamento: il timore di un imprevedibile e possibile rimprovero o rifiuto può spaventarci nell’agire.
L’imbarazzo è paragonato, a livello sociale, al dolore fisico. Quando sentiamo dolore siamo allertati da ciò che minaccia il nostro benessere fisico, quando proviamo imbarazzo siamo allertati da ciò che minaccia il nostro benessere sociale. Nella situazione in cui pensiamo di aver commesso un atto imbarazzante siamo spinti a manifestare scuse ed attuare gesti riparatori. Proviamo un profondo turbamento che riusciamo a placare solo attraverso un’azione di riparo per far comprendere l’involontarietà del nostro gesto.
L’imbarazzo svolge una funzione sociale positiva perché se percepito all’esterno, può facilitare la riparazione anche di danni conseguenti alla violazione di una norma sociale. A livello antropologico, infatti, è considerata un’emozione ad “ancora di salvezza” perché il dimostrare di essere preoccupati della propria immagine e il comportarsi di conseguenza, anticamente si pensa aiutasse alla sopravvivenza nei gruppi.
È un sentimento che si è evoluto per regolare i comportamenti sociali ed assume socialmente una valenza positiva, ma è frustante e la smania di evitarlo può portarci a comportamenti irrazionali auto ed etero distruttivi.
Il timore di provare imbarazzo può, infatti, influenzare le scelte ed arrivare a mettere a rischio la propria salute e quella degli altri. È il caso dell’uso mancato dei profilattici in adolescenza per evitare l’imbarazzo nell’acquisto.
Il compito della società e, dunque, di noi singoli individui è educare a non aver paura dell’imprevedibilità. L’imbarazzo è un emozione necessaria da vivere perché fa sperimentare di non essere invincibili, fa provare la bellezza della sfide con se stessi nel trovare strategie per tornare alla “normalità”… è indispensabile una terapia all’imbarazzo, ovvero una terapia del limite, volta ad accettare che non sia possibile porre riparo e controllare quelle involontarie infrazioni di norme sociali.
Provare imbarazzo rappresenta probabilmente ciò di più vicino alla crescita creativa e di più lontano dalla distruttività.
Filippo Chiarlo
Gestalt Counselor Professionale
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