Abbiamo un piano B?
A cose fatte ed alle nefandezze compiute, come in ogni guerra, l’Europa si sta accorgendo, o almeno si spera, che gran parte delle misure adottate contro la Russia, non solo hanno un costo economico non indifferente, ma rischiano seriamente di trasferirsi anche su noi stessi, cittadini europei governati “allegramente” per non pochi anni.
Le premesse di quanto sta accadendo, ed ancora più seriamente accadrà in futuro, c’erano già da tempo con l’accaparramento da parte della Cina ,e forse anche degli USA, di un cospicuo numero di materie prime, seguita a poca distanza, da un avvicinamento tra le due potenze Cina e Russia che avrebbe comunque, guerra o meno, comportato un allargamento del mercato economico mondiale verso Est.
Forse queste manovre non sono state poste sotto la giusta luce ed analizzate nel loro intimo potere distruttivo dell’economia europea troppo attenta a seguire l’onda del “green” e le voci che, giustamente, si levavano dalle giovani generazioni per la salvaguardia della Terra.
Ma i conti si debbono fare in presenza di tutti e quando si è iniziato a parlare di 2030 o 2040 qualche bel campanello d’allarme avrebbe dovuto iniziare a squillare e qualche paio di orecchie o di menti fini (se ve ne sono) iniziare a preoccuparsi.
Ma da noi, no, non si è sentito nessuno squillo e si è andati dritti come da decenni, in bocca al leone ed alla tigre con stampata sul petto l’egida di salvatori del mondo.
Si è proseguito ad approvvigionare materie prime quasi esclusivamente dallo stesso Paese, dismettendo anche qual poco che, in autonomia, si sarebbe potuto produrre. Poi, quando la frittata è stata cotta e servita ci si è iniziato a rendere conto dell’aumento dei prezzi, della seria possibilità di essere incapaci a continuare a produrre ed a garantire ciò che sino ad oggi abbiamo ancora.
Ma esiste o si sta pensando ad un”Piano B”; ad una via d’uscita dall’attuale situazione? Ci viene da credere di no, o se si solo in maniera davvero superficiale e scollegata dalla vera realtà dei fatti. Quando per lungo tempo si lascia disabitata un casa non è che la si può rimettere in piedi semplicemente togliendo le coperture dei mobili o dando una rinfrescata ai pavimenti. Ci sarà qualche tubo che perde, la caldaia che necessita di riparazioni, qualche tegola che il vento ha mosso, qualche piastrella da riposizionare.
E ci vorranno settimane se non un paio di mesi prima di avere tutto in ordine. Poniamo la base di questo discorso sull’intero suolo della UE e ci renderemo conto che la cosa oltre ad essere non semplice è anche proiettata nel medio lungo termine cioè anni.
Ci possiamo permettere un lasso di tempo così? Ci possiamo permettere di sopportare un bassissimo livello di crescita, una crisi economica dovuta all’indiscriminato aumento dei prezzi ed alla carenza di materie prime e di generi di largo uso o consumo? Forse non lo possiamo, ma abbiamo pochissime vie d’uscita anche considerato che il principale interlocutore tra i due contendenti è quel Presidente Turco che sta con i piedi in Europa, ma il cui suolo nazionale è per la maggior parte in quell’Est del mondo che, ad oggi rappresenta una enorme “fetta” del mercato mondiale con Cina, Russia, India e Pakistan che contano su circa tre miliardi di individui contro il mezzo miliardo europeo.
No, non abbiamo un piano “B” e forse neppure le capacità per averlo pensato troppo presi dalla salvaguardia del Mondo, dal verde, dal pulito, dal non impattante, tutte cose belle e sicuramente degne della massima attenzione, ma da parte di tutti, proprio di tutti, nessuno escluso. Se si decide di non chiudere le serrature delle proprie case per essere tutti più buoni ed onesti, si deve essere tutti d’accordo, nessuno escluso, altrimenti le serrature dovranno rimanere e gli usci di casa essere magari porte blindate.
Non sappiamo come andrà a finire questa guerra che ha già mostrato il suo volto peggiore e che sta ricordando, anche a chi non li ha vissuti, gli anni più bui del ’90.
Non sappiamo se la cosa sarà breve o lunga. Possiamo immaginare o credere chi sia nel giusto e chi sia in errore, ma il fatto sposta di poco o nulla il tempo della guerra, di una guerra che anche se negli anni’90 era alle porte dell’Italia, al di là dell’Adriatico, e che ora lontana qualche migliaio di chilometri, rischia seriamente di compromettere anni di relativa pace, anni spensierati, forse troppo, fidando nell’altro o nell’interesse di grandi aziende che poi vanno anche a “rifornire” le politiche.
Ma andava bene così, ognuno era padrone di fare e dire in pratica ciò che voleva, senza nessun controllo e senza quella passione politica che impegnava i rappresentanti del popolo ad essere preparati ad essere “qualcuno” e non un “qualcosa” come oggi ci si ritrova in molti di loro.
Supereremo anche questa crisi o faremo come nella favoletta di Fedro dove il lupo a monte del torrente accusa l’agnello di intorbidirgli l’acqua e se lo mangia.
Pier Marco Gallo