giovedì 21 Novembre 2024 - Anno 33

LO SPORTELLO LEGALE

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Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
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“Sono un lavoratore dipendente e, ultimamente, sul posto di lavoro circola una brutta aria. Alcuni miei colleghi hanno subìto  attacchi violenti e  offensivi  da parte di altri. Nulla di ciò è stato rivolto a me personalmente però mi rendo conto che questi atteggiamenti mi impediscono di svolgere la mia attività lavorativa in modo sereno. Potremmo essere vittime di mobbing?”

Il mobbing è una vera e propria persecuzione psicologica e il primo a parlarne  è stato lo psicologo svedese Heinz Leymann alla fine dell’800 mentre, in Italia, la tematica è stata introdotta dallo psicologo tedesco Harald Ege che, nel 2002, ha pubblicato il “Metodo Ege”  per identificare il fenomeno e i suoi danni.
Il significato del termine “mobbing” risale al verbo inglese (to) mob cioè “assalire, molestare”.
La competizione per raggiungere obiettivi o stimoli per migliorare la produzione può  essere terreno fertile e  punto di partenza di un atteggiamento negativo che può sfociare nel Mobbing.
Riconoscere questo fenomeno non è semplice in quanto, in genere, le azioni compiute devono ripetersi per lungo tempo, reiterarsi in modo sistematico e continuato e avere uno scopo preciso, essere azioni intenzionali e anche premeditate. Il mobbizzato (la vittima) viene aggredito dal mobber (aggressore) che mette in atto strategie volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale: i rapporti sociali diventano conflittuali e sempre più rari portando la vittima all’isolamento e all’emarginazione totale.
Solitamente, l’aggredito, nel contesto lavorativo,  si trova in posizione inferiore rispetto all’avversario, perde, gradatamente, la sua posizione perché diminuiscono la sua influenza, il rispetto degli altri verso di lui, il suo potere decisionale, l’entusiasmo nel lavoro, la fiducia in se stesso, gli amici, la salute, la sua dignità.
La vittima comincia a vedersi emarginata, calunniata, criticata, le vengono affidati compiti dequalificanti oppure viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori.
Lo scopo da raggiungere è eliminare una persona divenuta scomoda inducendola spontaneamente alle dimissioni volontarie o provocarne un motivato licenziamento magari sabotandone il lavoro, anche, con azioni illegali.
Comportamenti vessatori possono essere, per es., continue visite fiscali in caso di malattia, rimproveri o richiami in pubblico, dotare il lavoratore di attrezzature di lavoro di scarsa qualità o obsolete per rendergli difficile lo svolgimento del lavoro oppure affidargli compiti banali come rispondere al telefono, fare fotocopie, interrompere il flusso delle informazioni  necessarie per l’attività, restrizioni dell’accesso a internet, la chiusura della casella di posta elettronica.
Le conseguenze del Mobbing non colpiscono solo la vittima ma anche la stessa azienda; i danni ricadono sulla produttività e sulla serenità dei lavoratori e nell’ambiente in cui il fenomeno si consuma. Le prime conseguenze per il mobbizzato riguardano la sua salute e sono legate alla somatizzazione della tensione nervosa (palpitazioni, tremori, sudorazione fredda, cefalea, gastrite, disturbi digestivi, incubi, sonno interrotto, difficoltà di memoria e concentrazione, capogiri, annebbiamento della vista, ansia, depressione, nevrosi) con conseguente  espansione, anche, nella sua sfera privata  intaccando l’umore, le relazioni sociali e  familiari fino ad incidere sulla sua voglia di vivere e, nei casi più gravi, portandolo  al suicidio. Per l’azienda il Mobbing ha effetti devastanti perché le prestazioni del mobbizzato  saranno inferiori a causa dei suoi disturbi di salute e del minore rendimento,  i  dipendenti saranno scontenti delle condizioni di lavoro a cui sono sottoposti e ne risentirà, anche,  l’immagine aziendale perché loro stessi inizieranno a parlarne male al di fuori con conoscenti e amici.
Diverse sono le tipologie di mobbing:
– orizzontale: le azioni vessatorie sono compiute da colleghi di pari grado rispetto alla vittima al fine di impedirgli di fare carriera o di avanzare nella scala gerarchica;
verticale: le azioni mobbizzanti sono poste  in essere da colleghi di grado superiore al fine di mantenere, per es.,  piccoli privilegi di cui godono;
trasversale: riguarda persone che si trovano al di fuori dell’ambito lavorativo. Il mobber, per creare terra bruciata intorno alla vittima, crea alleanze anche in ambienti esterni dove il mobbizzato potrebbe cercare appoggio o farsi apprezzare;
Bossing: il Mobbing è attuato dal diretto superiore ed è volto  ad allontanare  un dipendente dal posto di lavoro;
– strategico: si può verificare all’interno delle grandi imprese, delle industrie, nelle aziende e nei grandi enti in cui vi è la presenza di numerosi dipendenti con gradi e posizioni diverse. Vi è la  necessità di continui cambiamenti, che possono portare ad una riduzione e/o ad una riqualificazione del personale. La strategia è volta ad allontanare definitivamente dipendenti considerati non più utili che, in genere,  lavorano in reparti da chiudere, sono soggetti da riqualificare e ritenuti costosi per la nuova organizzazione;
relazionale: concerne i rapporti interpersonali con la creazione di situazioni atte a provocare invidie e gelosie per mettere i lavoratori gli uni contro gli altri inviando, anche “doppi messaggi” per far sì che la vittima, qualsiasi cosa faccia, sbagli oppure di tipo emozionale quando l’atto di prevaricazione è legato a invidia, gelosia, rivalsa, differenze di genere, cultura o classe.  Lo scopo è quello di rendere la vittima inaffidabile per estrometterla dal processo lavorativo e bloccargli la carriera.
– diretto:  le azioni vessatorie sono indirizzate specificatamente verso la vittima.
– indiretto: il comportamento persecutorio è rivolto, non direttamente alla vittima, bensì alla sua famiglia o ai suoi amici. 
leggero:
si verifica, quando il mobber agisce attraverso gesti e comportamenti sottili e silenziosi, difficilmente dimostrabili. Azioni di questo tipo, sono per esempio, l’isolamento progressivo della vittima e  la sua esclusione dal gruppo dei colleghi per farla sentire sola e indifesa, in un ambiente a lei completamente ostile. 
pesante:
quando le azioni mobbizzanti sono evidenti e violente:  aggressioni verbali o fisiche, urla, riferimenti alla sfera privata o sessuale, alle idee religiose o politiche e risultano estremamente invasive. 

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