Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
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“Io e mio marito ci siamo separati consensualmente nel 2023 e lui si è impegnato a versarmi mensilmente un contributo per il mantenimento di nostra figlia. Dal mese di giugno la ragazza ha iniziato a lavorare con contratti “a chiamata” ed il padre, autonomamente, ha stabilito di non dover più versare il contributo economico previsto dalla sentenza di separazione. Vorrei sapere se lo poteva fare oppure, in alternativa, come mi devo comportare”.
Le condizioni di separazione inserite all’interno di un ricorso per la separazione fotografano una situazione che, con il passare del tempo, tende a modificarsi perché i bambini crescono e hanno esigenze e necessità che cambiano.
Le circostanze più comuni che possono indurre i coniugi a richiedere una modifica delle condizioni di separazione sono l’incremento o il deterioramento della situazione patrimoniale dei coniugi, la costituzione di un nuovo nucleo familiare e le accresciute esigenze dei figli. Quando si verificano variazioni nella situazione economica dei coniugi, entrambi sono legittimati a richiedere una revisione dell’importo, al fine di ottenere un adeguamento della mutata condizione. E’ possibile, quindi, in ogni tempo, chiedere al Giudice di rivedere, diminuire o, addirittura, cancellare del tutto il mantenimento anche dopo pochi mesi dalla separazione o dal divorzio a patto, però, che sopraggiungano fatti nuovi rispetto a quelli presenti al momento della decisione.
Per richiedere la modifica dell’assegno è necessario procedere con un il deposito di un ricorso di tipo giudiziale se le parti non raggiungano un accordo sulla cifra ed instaurando, così, una vera e propria causa oppure procedere con un atto congiunto qualora si sia concordi sul suo ammontare.
In alternativa è, anche, possibile revisionare l’assegno di mantenimento e/o modificare le condizioni di separazione o divorzio con la procedura di negoziazione assistita ma i presupposti sono sempre gli stessi cioè è necessario che si verifichino fatti nuovi rispetto alle circostanze valutate in sede di sentenza o omologa della separazione consensuale.
Non è possibile modificare arbitrariamente l’ammontare del mantenimento, né interromperne il versamento senza una valutazione del tribunale.
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 11195 del 23 marzo 2021 ha stabilito che “integra il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge per i figli minori anche se questi non si trovano in stato di bisogno”.
Il codice civile, invece, stabilisce gli obblighi di assistenza familiare che nascono dal matrimonio e dal rapporto tra genitori e figli. Con la nascita della prole sorgono in capo ai coniugi, che diventano genitori, degli obblighi nei loro confronti, previsti dall’art. 147 del codice civile che stabilisce l’obbligo di “mantenere, istruire, educare ed assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni”, secondo quanto anche indicato dall’articolo 315 bis c.c. L’art. 570 del codice penale introduce il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare quando “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro”.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.
L’art. 570-bis c.p. recita “Le pene previste dall’articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero vìola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli“.
Ciò premesso, si osserva che la parte che vuole ridurre o interrompere il versamento del contributo dovrà necessariamente ricorrere al Tribunale per chiedere la modifica del suo ammontare o la revoca; in difetto, il beneficiario potrà procedere nei suoi confronti con il recupero coattivo delle somme scadute e non versate in forza del titolo esecutivo ottenuto con la separazione o il divorzio e, contemporaneamente, oppure, in alternativa, sporgere querela per la violazione degli obblighi di assistenza familiare.